NATIVI SARDI
Nativi americani e Sardi hanno in comune una modalità molto simile nel vivere il rapporto tra le persone, il rapporto con la natura e il rapporto con il divino, il soprannaturale. Entrambi abitano gli spazi liberi di praterie o di montagne e conoscono la libertà e, conseguentemente, la violenza della repressione di chi quella libertà vuole negare insieme alla loro diversità.
San Salvatore del Sinis, Cabras, Oristano, Sardinia, Italy



Nel 1981 Fabrizio De André pubblica un album autobiografico, che porta il suo nome, dedicato sia alla comunità sarda che a quella dei nativi americani negli Stati Uniti.
Il cantautore poeta ha scritto:
“Sono molto più sardo di chi, nato per caso in Sardegna, ha scelto di vivere a Roma”, e ancora, “La vita in Sardegna è forse la cosa migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattromila chilometri di foreste, campagne e coste immerse in un mare miracoloso sarebbero proprio ciò che consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso."
È del 1981 l'album in cui paragona gli indiani d'America al popolo sardo, intuendo qualcosa di più di una corrispondenza, di una semplice analogia. Essere sardo è sempre questione di divenire, e non di essere; delle differenze e non dell’identità. L'“indipendentismo” sardo, forse, dovrebbe ripartire da qui, da due figure simbolo, i sardi e gli indiani, che non sono diversi, per le esperienze che vivono o subiscono, dagli “altri” personaggi di cui l'autore ha sempre cantato.
Nel 1981 Fabrizio De André pubblica un album autobiografico, che porta il suo nome, dedicato sia alla comunità sarda che a quella dei nativi americani negli Stati Uniti.
Il cantautore poeta ha scritto:
“Sono molto più sardo di chi, nato per caso in Sardegna, ha scelto di vivere a Roma”, e ancora, “La vita in Sardegna è forse la cosa migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattromila chilometri di foreste, campagne e coste immerse in un mare miracoloso sarebbero proprio ciò che consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso."
È del 1981 l'album in cui paragona gli indiani d'America al popolo sardo, intuendo qualcosa di più di una corrispondenza, di una semplice analogia. Essere sardo è sempre questione di divenire, e non di essere; delle differenze e non dell’identità. L'“indipendentismo” sardo, forse, dovrebbe ripartire da qui, da due figure simbolo, i sardi e gli indiani, che non sono diversi, per le esperienze che vivono o subiscono, dagli “altri” personaggi di cui l'autore ha sempre cantato.

Nel 1981 Fabrizio De André pubblica un album autobiografico, che porta il suo nome, dedicato sia alla comunità sarda che a quella dei nativi americani negli Stati Uniti.
Il cantautore poeta ha scritto:
“Sono molto più sardo di chi, nato per caso in Sardegna, ha scelto di vivere a Roma”, e ancora, “La vita in Sardegna è forse la cosa migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattromila chilometri di foreste, campagne e coste immerse in un mare miracoloso sarebbero proprio ciò che consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso."
È del 1981 l'album in cui paragona gli indiani d'America al popolo sardo, intuendo qualcosa di più di una corrispondenza, di una semplice analogia. Essere sardo è sempre questione di divenire, e non di essere; delle differenze e non dell’identità. L'“indipendentismo” sardo, forse, dovrebbe ripartire da qui, da due figure simbolo, i sardi e gli indiani, che non sono diversi, per le esperienze che vivono o subiscono, dagli “altri” personaggi di cui l'autore ha sempre cantato.



Religioni, misticismo, simbolismo sono gli ingredienti che ancora oggi affascinano coloro che si approcciano alla storia e al modo di vivere dei Nativi Americani e sulle orme dei più famosi capi indiani, ma anche i manufatti e le simbologie che caratterizzano un saper fare che ha memoria di storie e leggende.
De André parla di Indiani d’America e di pastori della Sardegna, accostandone le simili esistenze con il sentimento che più gli è congeniale e che è il principio fondamentale della sua filosofia: quella solidarietà che significa sentire comune, essere partecipe del dolore degli altri come unica via per il bene e la pace di tutti gli uomini. Tra Sardi e Nativi c’è in comune la difesa della propria diversità, la vita irregolare di chi vive tra montagne o praterie, tra il cielo, i boschi e l’acqua di mari o torrenti.
Religioni, misticismo, simbolismo sono gli ingredienti che ancora oggi affascinano coloro che si approcciano alla storia e al modo di vivere dei Nativi Americani e sulle orme dei più famosi capi indiani, ma anche i manufatti e le simbologie che caratterizzano un saper fare che ha memoria di storie e leggende.
De André parla di Indiani d’America e di pastori della Sardegna, accostandone le simili esistenze con il sentimento che più gli è congeniale e che è il principio fondamentale della sua filosofia: quella solidarietà che significa sentire comune, essere partecipe del dolore degli altri come unica via per il bene e la pace di tutti gli uomini. Tra Sardi e Nativi c’è in comune la difesa della propria diversità, la vita irregolare di chi vive tra montagne o praterie, tra il cielo, i boschi e l’acqua di mari o torrenti.

Religioni, misticismo, simbolismo sono gli ingredienti che ancora oggi affascinano coloro che si approcciano alla storia e al modo di vivere dei Nativi Americani e sulle orme dei più famosi capi indiani, ma anche i manufatti e le simbologie che caratterizzano un saper fare che ha memoria di storie e leggende.
De André parla di Indiani d’America e di pastori della Sardegna, accostandone le simili esistenze con il sentimento che più gli è congeniale e che è il principio fondamentale della sua filosofia: quella solidarietà che significa sentire comune, essere partecipe del dolore degli altri come unica via per il bene e la pace di tutti gli uomini. Tra Sardi e Nativi c’è in comune la difesa della propria diversità, la vita irregolare di chi vive tra montagne o praterie, tra il cielo, i boschi e l’acqua di mari o torrenti.



Una collezione che accomuna manualità, amore per la tradizione, riverenza verso antiche usanze e gesti millenari e riti ancestrali. Siamo figli della stessa terra intrisa di animismo, rispetto e devozione nei confronti di una sola grande madre: la natura. Per entrambi i popoli è importante un tipo di abbigliamento facilmente trasportabile, che proteggesse dai cambiamenti climatici stagionali e che utilizzasse materie prime accessibili a un popolo in perenne spostamento.
Una collezione che accomuna manualità, amore per la tradizione, riverenza verso antiche usanze e gesti millenari e riti ancestrali. Siamo figli della stessa terra intrisa di animismo, rispetto e devozione nei confronti di una sola grande madre: la natura. Per entrambi i popoli è importante un tipo di abbigliamento facilmente trasportabile, che proteggesse dai cambiamenti climatici stagionali e che utilizzasse materie prime accessibili a un popolo in perenne spostamento.




È un divertissement il nostro, un gioco, una ricerca, un tributo alla tradizione quella sarda e quella dei nativi americani che hanno in comune la sacra sapienza della tessitura e una dea: la coperta.
I colori della collezione riprendono gli alti cieli della prateria e i tramonti della Sardegna più selvaggia. Celesti, crema, azzurri, bordeaux, blu profondi, ruggine, taupe, tortora, ecrù, mauve, marron, bruciati e petrolio.
Pied de poule, quadri, quadretti, fiori, ramage, ricami intarsi. Pelle rough e frange e maglia cocoon, cappe e tailleur e abitoni e coperte tante.



San Salvatore del Sinis, Cabras, Oristano, Sardinia, Italy