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Aporìa: Antonio Marras a New York

C’è una terra antica depositaria di tradizioni, cultura e valori dietro l’opera site specific SU PER LE ANTICHE SCALE. Una terra antica, ricca di saperi e di leggende che convergono, intrecciandosi, nel lavoro di Antonio Marras.
SU PER LE ANTICHE SCALE è un’opera arrampicata sulla parete della scala del Palazzo dell’Istituto Italiano di Cultura di New York, realizzata in ceramica, fili e legni pensato in accordo allo spazio per enfatizzare, sottolineare, valorizzare le scale del famoso edificio.
Discover the site-specific installation
L' Istituto Italiano Di Cultura di New York, in collaborazione col Consolato Generale d’Italia di New York, ha presentato il 6 dicembre 2021 in occasione della XVII Giornata del Contemporaneo, un evento performativo/installativo dal titolo.

L'artista e designer Antonio Marras ha realizzato un'installazione site-specific dal titolo "Su per le antiche scale", al centro dell'iniziativa. L'opening ha ospitato anche la performance “Andando Restando”, coreografia di Marco Angelilli, su disegni dello stesso Marras con Gabriel Da Costa e Francesco Napoli e accompagnamento del contralto Maurizio Rippa produzione 369gradi - AMINA>ANIMA (Soul) Project - Regione Autonoma Sardegna.

Il rigore del telaio, strumento razionale e ordinato, utensile essenziale nella Sardegna del secolo scorso, e la nevrastenia passionale della ceramica lavorata con mani che vagano istintive e senza freni come guidate da un dio distratto.
Un tracciato ordinato e solare si contrappone alla dimensione anarchica e indisciplinata degli elementi incorporati. Il progetto è disciplinato, ritmico e armonico in netto contrasto con la gestualità passionale e istintiva degli oggetti parlanti.

Il telaio è argomento caro ad Antonio Marras, tenuto vivo dalla storia della sua Terra e dall’eredità dell’artista Maria Lai, cara amica, musa e protettrice. L’amore per il mito e il racconto si unisce a quello per l’artigianato, per la calda irregolarità di ciò che è fatto a mano. Non c’è da stupirsene. La fiaba, il racconto, il mito, nascono dall’artigianato; la loro origine nelle società tradizionali si lega al bisogno di parlare e di ascoltare, di riempire di storie le lunghe serate trascorse a tessere, cucire o ricamare.
SU PER LE ANTICHE SCALE nasce come un ‘opera poliedrica, tridimensionale e materica. Legno e ceramica, oggetti uniti da fili neri che imprigionano e trattengono le forme come il ragno cattura la preda nella sua rete, l’accoglie, l’avvolge e la fa sua. Se ne appropria ma non la distrugge in questo caso, anzi la tutela e protegge.

La ceramica nella forma di mani tentacolari come meduse e i fili ci passano attraverso per riaccordarsi ad altre ceramiche come i libri o listelli. I fili segnano il muro bianco di strade perpendicolari, parallele e divergenti. Si creano angoli e incastri, incontri e proseguimenti per arrivare dove tutto comincia.

Un racconto di memorie impigliate nella trama, trattenute nei nodi del filo, come le memorie di vite che migrano, prendono nuove forme, ma non perdono il legame con le proprie radici.
È un racconto atavico che parla di percorsi, viaggi, sofferenze e strazi.
È un racconto che conosce bene chi partendo è diventato “Isola”.
È la voglia di andare restando.
È la voglia di esplorare, indagare, cercare.
È il desiderio di tornare.

È la voglia di sapere cosa c’è aldilà del mare pur portando con sé “su connottu” quello imparato dai grandi vecchi. Quello che ognuno di noi si porta dentro. Noi che abbiamo radici ma che non siamo alberi e perciò vaghiamo e vaghiamo sempre carichi di tutte le nostre cose per non dimenticare. Perché siamo testimoni del tempo.
Del resto è Maria Lai che diceva “L’uomo ha bisogno di mettere insieme il visibile e l’invisibile perciò elabora fiabe, miti, leggende, feste, canti, arte” (1999).
La performance ripercorre le tematiche già presenti nell’opera “Su per le antiche scale” dando vita al sentimento e alla forza delle azioni.
Un percorso che è anche l’impossibilità di dare risposte precise ad un problema che si trova di fronte a due soluzioni, che per quanto opposte sembrano entrambe valide: radici e irrequietezza, attaccamento e necessità di allontanarsi. Sardo, Italiano, Europeo, Africano, Latino, Asiatico e cittadino del Mondo. Luce e ombra. Ordine e disordine. Corpo e spirito.

È “Lacrime napulitane “la prima canzone che accompagna il faticoso viaggio dei due emigranti. Sono coperti da pesanti giacche di pelle che vestono ma non riscaldano, sono carichi di valigie legate con stoffa bianca strappata e annodata ma sono vuote.

I legacci sono lenzuola, sono teli da cucina, sono parte del corredo di casa, materiale semplice ma prezioso. Unica dote di povere donne. E vanno gli uomini, attraverso l’Oceano, tra vicissitudine e prove di coraggio e di tenacia.
Si spogliano arrivati a Ellis Island mentre si sente in sottofondo “New York New York” in versione interrotta e frastagliata. Mettono tutti i loro averi su un pianoforte che continua ad emettere non più musica ma suoni come se sentisse il dolore e lo strazio dei newcomers, straniti e confusi. Si spogliano per rinascere, per diventare altro.
L’ultimo atto è “L’addio”. Addio da dove? Per dove?
Il sogno di andare restando.
Performance su disegni di Antonio Marras
Curata da Valeria Orani
Coreografie di Marco Angelilli
Con Gabriel Da Costa e Francesco Napoli
Contralto Maurizio Rippa
Produzione 369gradi / Progetto AMINA>ANIMA (Soul) - a round-trip journey to discover and reveal the universal value of Sardinia through contemporary art and cultural exchange
(PO FESR 2014-2020 - Azione 3.4.1 Bando IdentityLAB 2 – Regione Autonoma della Sardegna)